

Pene di un professionista incipit
CAPRAROLA
- Ti prego, rimettilo dentro.
- Certo! Ringrazia il Padreterno che mi ha fatto duro e resistente come Pantani.
- Pantani?
- Pantani. La leggenda.
L’attore prese un breve respiro e le aprì nuovamente le gambe. I suoi orifizi erano lì, alla portata di tutto quello che le avrebbe voluto fare. Doveva solo decidere in quale buco entrare, ma una voce fuori scena lo consigliò per una penetrazione anale profonda, che non sarebbe dovuta durare però più di due minuti.
- Buona la prima – disse il regista alzandosi dalla sedia.
- Ronnye, sei stato, come sempre, un martello pneumatico. Come faremmo senza di te? Vatti a fare una doccia che stasera c’è una di quelle feste che tanto ti piacciono.
Beniamino Scozzafava, in arte Ronnye Trivella, non si mosse. Sdraiato sul manto erboso del giardino di una villa di Caprarola, paesino della provincia laziale, fissava immobile le fronde di un melograno che, silente, si era goduto tutta la scena.
- Dai Ronnye che dobbiamo smontare il set – gli disse l’occhialuto cameraman. Ma Beniamino rimase lì a contemplare qualcosa che in vita sua non aveva mai contemplato.
La partner, stanca dell’amplesso, gli si era messa di fianco, trasgredendo i dettami che imponevano che una coppia unita nell’hard non lo potesse essere anche nel soft.
- Ronnye alzati, ci aspetta la cena di fine produzione – gli disse tirandolo per un braccio, nello stesso momento in cui incrociò lo sguardo senza vita del porno attore, che la fissava assente.
ROMA PARIOLI
La Porsche GTS Turbo antracite metallizzata, parcheggiò di fronte a un’elegante palazzina nel borghese quartiere dei Parioli a Roma. Maurizio Bianchini scese e si diresse con passo svelto verso l’immancabile colonnina obliteratrice. Inserì cinque euro e aspettò che la fessura sputasse il biglietto, poi entrò in un bar lì vicino. Il giovane attese qualche attimo, dopo di che gli porse il caffè e si mise a pulire il bancone imbrattato di zucchero e residui vari. Non passarono nemmeno dieci secondi, che si girò spalancando la bocca, come se avesse vinto un bingo che non usciva da mesi.
- Me scusi, ma lei è…
- Chi dovrei essere? – rispose Maurizio.
- Lei è… Ommiodio, lei è proprio…
- Cosa c’entra Dio adesso?
- No. Me scusi. Me dica, ma lei è il famoso Martello degli Dei?
- Tu cosa pensi?
- Penso che sia lei, anche se dar vivo sembra più alto. Davvero lei è er Martello degli Dei?
- Sono io.
- Ommiodio, nun ce posso crede, er mejo porno attore der mondo nel bar de mi padre. Nun ce posso crede…
- Quanto pago?
- Stai a scherzà? Offre la ditta, però famose na foto, che la giro a tutti gli amici miei. Ommiodio…
Il ragazzo si fucilò da dietro il bancone e preso uno smartphone, iniziò a spararsi una serie di selfie mentre lo abbracciava felice della fortuna che gli era capitata. I clienti incuriositi, pensarono che fosse un giocatore di calcio che aveva appeso gli scarpini al chiodo, tanto che qualcuno disse che assomigliava al terzino della Sanbenedettese di dieci anni prima, o forse no, sembrava il libero della Sampdoria. Poi uno lo riconobbe.
- Ma quale giocatore de pallone, questo gioca con le palle. Ti ho riconosciuto, tu sei il leggendario Martello.
- Che vuol dire? – chiese un tizio che gli era di fianco. – Il Martello?
- Ma certo! Non avete riconosciuto il più grande attore di film hard di questi ultimi dieci anni?
Si levò un brusio che nemmeno allo stadio. Tutti si avvicinarono per stringergli la mano. Chi gli dava delle pacche sulle spalle facendogli l’occhiolino, chi si congratulava per la dotazione da cavallo, chi voleva offrirgli un altro caffè e poi tutti quanti si misero in posa per una foto ricordo. Maurizio stava aspettando il primo che avrebbe fatto la fatidica domanda. Erano anni che teneva una piccola statistica in merito a quanto tempo ci avrebbe messo chi lo riconosceva, a chiedergli quello che sembrerebbe si debba per forza chiedere ad un attore di film hard, ovvero, come fa a farselo rimanere duro per così tanto tempo. Dopo la foto tutti si salutarono felici, come se avessero avuto la fortuna di conoscere un onesto politico. Tutti meno uno, che invece gli si fece incontro con quel viso che hanno coloro che pensano di essere più intraprendenti degli altri.
- Scusi Maurizio, le posso fare una domanda?
- Ma certo, mi dica.
Soverchiando la timidezza, il tizio ci aveva messo non più di quattro minuti nel voler sapere quello che tutti gli uomini vorrebbero padroneggiare. Era nella media. Certi personaggi erano addirittura scesi sotto i trenta secondi, con un approccio del tipo: “Ciao Maurizio ti ho riconosciuto. Ma come fai ad avercelo tosto tutto quel tempo
Maurizio abbozzò un sorriso e si preparò a sfoderare il cliché della cicoria calda che negli anni era diventato il suo must preferito.
- Non vorrei sembrarle inopportuno.
- Sono qui che l’ascolto.
- Mah… come fate a…?
- Come facciamo a fare cosa?
- Sì… Insomma ha capito no?
- No. Non ho capito.
- Come fate ad essere sempre pronti?
- Eh… segreto da professionisti.
- Vabbè… però potrebbe dirmi almeno una cosa.
- E lei pensa che vada in giro a raccontare quello che nessuno deve sapere?
- La prego, mi sarebbe di grande aiuto.
Maurizio guardò l’IWC Portoghese che portava al polso per capire quanto tempo poteva dedicargli. Aveva un appuntamento, però il tizio con la faccia da topo lo incuriosiva perché gli trasmetteva la sensazione di essere uno a cui piacevano i giochetti viziosi, quindi andava sbeffeggiato, anzi, andava proprio preso per i fondelli.
- Avrei altro da fare, però qualche minuto glielo posso dedicare. Cosa vorrebbe sapere?
- Le dispiace se facciamo una passeggiata? – Gli propose preoccupato che il resto del mondo potesse carpire i suoi vizi e le pochissime virtù - Cosa usate, il Viagra?
- Il Viagra lo utilizzano i dilettanti. Se dovessi prendere le pillole blu tutte le volte che devo girare qualche scena, oggi avrei dei seri problemi. No! Usiamo metodi naturali o almeno lo faccio io.
- E di cosa si tratta?
- Quanto è disposto a pagare per conoscere il mio asso nella manica?
- Come pagare? Non si era parlato di denaro.
- Pretende che le snoccioli i miei segreti gratis? Spero stia scherzando!
- Pensavo che mi volesse omaggiare della sua esperienza.
- Non se ne parla. Gli omaggi li faccio agli amici. Perché mai dovrei regalarle quella che lei chiama la mia esperienza?!
- Perché in questo periodo sono sotto spese e non so quanto potrei pagare.
Ebbe un impeto di compassione. Probabilmente aveva famiglia e non poteva permettersi di togliere il pane ai propri figli e oltremodo si sentiva afflitto dal dramma di non riuscire più ad essere un marito all’altezza della consorte. Lo stava per salutare, quando il tizio ammise:
- Sa… ho le rate da pagare della mia nuova Audi coupé.
“Allora non sei povero” ebbe a pensare.
- Da quanti anni è sposato? – gli chiese con fare innocente.
- Non sono sposato. Sono sempre stato single perché preferisco saltare da un fiore all’altro. Niente figli e nessun legame stabile.
“E, oltre a non essere povero, sei anche tirchio e arido come un deserto messicano. Allora è giusto che ti faccia pagare per la tua curiosità. Pensa come siamo differenti. Io non vedo l’ora di poter trovare una compagna che mi riempia di baci… altro che saltare da un fiore all’altro! Ti devo punire per il tuo essere mezzo uomo, ti devo punire perché avresti potuto far felice almeno una donna, anche se vedendoti ne dubito, e invece sfrutti tutti quelli che hai di fronte. Sì. Ti devo punire.”
- L’onorario per un segreto di questo tipo è di cinquemila euro.
- Lei è impazzito. Io non tirerò mai fuori tutti quei soldi.
- E allora si prenda le pillole blu. Buona giornata!
Maurizio scese dal marciapiede e attraversò la strada, quando una fitta all’addome gli piegò le gambe. L’ometto ci pensò su qualche secondo, poi gli corse dietro.
- Facciamo duemilacinquecento.
- Non siamo al mercato qui. Cinquemila o non se ne fa nulla.
- Mi faccia uno sconto porca miseria, che ci deve fare con questi soldi?
- Lo sconto non si applica ai proprietari delle Audi coupé e se lo vuole sapere, i soldi li donerò ad un orfanotrofio.
L’uomo soprassalì. Non poteva credere che un porno attore facesse della beneficenza.
- Aspetterò che stacchi l’assegno e poi le racconterò cosa le servirà per soddisfare tutti quei fiori su cui gradisce saltare.
Un odore rancido di ascella sudata lo fece trasalire. Ebbe un conato di vomito. Il dramma era di nuovo presente. Tutte le sedute non erano riuscite a fargli superare il problema. Cosa avrebbe fatto? Come sarebbe andata a finire? Cosa ne sarebbe stato di lui? Possibile che da un anno fosse caduto in un baratro così profondo? Questa cosa si sarebbe presentata anche quando avrebbe conosciuto la donna della sua vita? Se fosse stato così, non avrebbe avuto futuro. Tutte le speranze di poter vivere una vita serena naturale e semplice, come tutti gli esseri umani, sarebbero morte, lanciandolo in un oblio senza fine. Gli venne da piangere al pensiero che il suo cuore sarebbe stato intrappolato in una cella con sole pareti. Alzò la testa e vide che l’uomo lo guardava incuriosito. Il tizio con la faccia da topo non avrebbe mai potuto capire la fiamma che lo stava consumando da ormai troppo tempo. Amava congiungersi senza sentimento appagando solo la carne, perché solo la carne avrebbe potuto appagare. Andava punito. O Dio sa, quanto andava punito.
- Ci vuole la cicoria!
- Per fare cosa?
- Per fare quello che le serve. A proposito, cosa le serve?
- Come la cicoria…
- La cicoria. Quindi?
- Vorrei durare più a lungo ed essere sempre pronto.
- Una cosetta da poco. Allora, oltre alla cicoria calda, deve anche usare il curry.
- La cicoria calda? Il curry? Lei sta scherzando, vero?
- Nemmeno un po’. Deve comprare della cicoria selvatica però, perché contiene una maggiore quantità di acido dicaffeiltartarico. Ah… anche del burro salato.
- La cicoria contiene un acido? Non mi farà male?
- Non le farà male, stia tranquillo. Il problema principale però è legato al tempo di cottura e al calore.
- In che senso al calore?
- La temperatura dell’impacco. Dovrà creare una specie di salsa con cui avvolgere il pene.
- Ma non la devo mangiare?
- No! Prima deve berne un po’ e poi lo deve mettere in un panno asciutto per una mezz’ora.
- Ma come faccio? Prima di scoparmi una, faccio tutto questo casino?
Era questa la parte più divertente della storia che Maurizio si era inventato. Sì. Il soggetto di turno doveva credere che dovesse fare tutta quella manfrina, prima di iniziare un rapporto sessuale. Era quella la parte più gioiosa. Era impagabile immaginarsi il tizio che si sforzava tra padelle, mortai, salsette, nella speranza di assurgere a quello che invece ti regala solo Dio e una disciplina ferrea. Chissà quanti si erano scottati. Chissà quanti si erano resi conto che era una presa per i fondelli bella e buona e avevano smesso di ottemperare a quel rito. E chissà quanti, invece, continuavano a darci sotto con i fornelli anche senza risultati, nella speranza che qualcosa prima o poi accadesse per non parlare di quelli a cui veniva l’erezione per effetto placebo.
- Prima di fare sesso dovrà dar fondo ai fornelli. Non le fa piacere?
- Nemmeno un po’!
- Suvvia la veda come un’utile pratica per diventare l’emulo di un porno attore.
- Lei me lo garantisce?
- Assolutamente no! Perché c’è una componente molto importante che può gestire solo lei.
- Che vorrebbe dire?
- Che l’aspetto psichico influisce molto sulla prestazione e sul risultato.
- Quindi? Che dovrei fare?
- Mentre sta cucinando, deve rilassarsi senza pensare alla bella ragazza che è lì con lei. Deve far volare la mente, concentrandosi su qualche altra cosa.
- E come faccio? Io quando vado con quelle ho bisogno di scopare subito.
- Con quelle chi? Amiche occasionali?
- Se le vuole chiamare così…
- Perché lei come le chiamerebbe?
- Mignotte.
- Ah… quindi lei va a prostitute.
- Direi. Non chiedono nulla e dopo ti ringraziano.
Maurizio buttò un occhio all’orologio. Aveva ancora qualche minuto, tanto valeva continuare a menare per il naso il topo di cui aveva capito perfettamente le barbare esigenze. Gradiva il sesso a pagamento, perché il denaro gli permetteva di pulire un’anima ipocrita, che qualsiasi donna avrebbe scoperto in meno di mezz’ora.
- Perché non si trova una compagna fissa?
- Scherza! Le donne sono delle rompiballe inenarrabili. Sempre a pretendere qualcosa, sempre lì a fare domande. Ma come faccio a mettermi a cucinare a casa di una di quelle?
- E che ne so? Ce ne sarà una che frequenta più assiduamente no? Chieda a lei.
- Quelle stronze dopo che hanno preso i soldi, quasi mi cacciano.
- Cosa pretende? Frequenta delle professioniste per non doversi impegnare e quelle, di rimando, si comportano come se lei fosse un portafogli che cammina. Che le prende? Vorrebbe qualcosa di più?
- Assolutamente no.
- Perché va con delle prostitute? Potrebbe intraprendere magari qualche relazione non duratura e poi saltare come piace a lei.
- In che senso saltare?
- Passare ad un altro fiore.
- Ci ho pensato, ma poi dovrei mettermi a corteggiare qualcuna e la cosa non mi piacerebbe.
Il puzzo rancido dell’ascella del topo lo assalì nuovamente, costringendolo a un’apnea. Se ne doveva andare. Lo salutò frettolosamente mentre l’altro gli rivolgeva l’ennesima stupida domanda.
- Buongiorno, il dottore la riceverà subito. Si accomodi nella saletta.
Si adagiò sulla stessa poltroncina dove si sedeva ogni settimana da quasi cinque mesi e fu sopraffatto dal solito senso di disagio. Non capiva perché ogni volta non sceglieva il divano. Forse il subconscio lo forzava a lesionarsi, costringendolo a sedersi su qualcosa di scomodo. Guardò il telefono. C’erano diverse chiamate e un messaggio di Gennaro, che lo informava che l’ingaggio era andato a buon fine. Sarebbe dovuto partire dopo un paio di settimane per una zona del Nord Italia. Di norma i suoi servigi erano richiesti tra le mura di antiche ville, abitate da nababbi altezzosi e spesso pateticamente viziosi. Il cachet era molto alto, il che gli fece capire che si sarebbe dovuto dar da fare nel soddisfare una nutrita platea di appassionati. Ebbe un fremito al pensiero di quello che avrebbe dovuto affrontare. Le sedute di psicoanalisi non erano riuscite fino a quel momento a sradicare il problema. Quanto avrebbe dovuto patire ancora? Ma soprattutto, non sapeva se questa cosa si sarebbe presentata anche con una persona per cui avrebbe provato un autentico sentimento. Era condannato a vivere in quel modo, o forse la sua era solo quella che si sarebbe potuta definire una malattia professionale? Chiuse gli occhi e guardò per l’ennesima volta l’orologio. Aveva fretta perché sarebbe dovuto passare in sala montaggio per doppiare alcune scene girate giorni prima. Una seconda porta parzialmente nascosta e di cui si rese conto solo in quel momento, si aprì e ne uscì una splendida donna con l’aria affranta che salutò brevemente il medico e si avviò verso l’uscita.
“Chissà perché l’avrà fatta uscire da quella parte. Forse non voleva che la incrociassi. Forse non voleva che capissi qualcosa che non dovevo capire. Mah!”.
Maurizio si alzò e si diresse con passo incerto verso la stanza. Si sedette sulla poltrona ergonomica e la sua attenzione fu attirata da un vaso colmo di rose rosse. I fiori emanavano un profumo intenso e gli trasmisero una piacevole sensazione sentimentale, che lo fece nuovamente piombare nel tunnel. Si guardò intorno cercando conforto in quello che vedeva, ma la stanza gli trasmise sempre la stessa asettica sensazione. La libreria in legno di ciliegio era, forse, l’unica nota calda in mezzo a tutto quel freddo minimalismo. Gli aveva consigliato quello specialista Beniamino, l’amico con cui aveva diviso notti sfrenate all’insegna del sesso, della droga e della voglia di bruciare una vita che era già bruciata. Erano due giorni che non lo sentiva ma si ripromise di chiamarlo appena uscito. Strano però quel mazzo di rose, lo psicologo sembrava tutto fuorché uno a cui si potesse inviare un messaggio così forte, così intenso. Cosa avrebbe dato lui per essere l’oggetto di un regalo simile? Chiuse gli occhi per un attimo e i contorni si fecero sfocati. Vide una figura femminile che gli correva incontro e sentì il cuore esplodergli nel petto. Un groppo alla gola lo riportò al presente, mentre gli occhi si inumidirono.
- Signor Bianchini, tutto bene?
- Non proprio.
- Cosa le succede? Mi vuole raccontare qualcosa?
- Le rose… sono molto belle.
- Mi fa piacere che le piacciano. Le hanno ricordato qualcosa?
- Non proprio. Mi hanno fatto pensare ad una relazione stabile.
- In questi giorni ha provato a fare quello che le ho detto nell’ultima seduta?
- Sì. Ma senza successo.
- Per risolvere i suoi problemi si deve applicare ogni giorno. Ne abbiamo parlato diverse volte.
- Lo sto facendo da mesi, ma senza successo. Sono stanco.
- Non abbandoni adesso, sono sicuro che ha già tratto dei benefici.
- Ma quali benefici! Ho parlato con un tizio non più di venti minuti fa e la nausea si è ripresentata.
- Cosa le ha dato fastidio in particolare?
- Puzzava come un caprone. Poi anche lui come tutti, ha voluto sapere come noi professionisti del sesso riusciamo ad essere pronti.
- E le ha girato sempre la stessa storia della cicoria?
- Ovviamente. Però questa volta mi sono fatto pagare.
- Come si è fatto pagare?
- Mi sono fatto dare cinquemila euro che donerò ad una casa famiglia che accoglie bambini abbandonati.
- Mi interessa sapere se la nausea questa volta è stata meno forte, se la repulsione per gli odori umani si è affievolita.
Non si era affievolita nemmeno un po’ quella cosa mostruosa che gli capitava da un anno. Abituato a partecipare come guru a orge sfrenate e a vederne di cotte e di crude, si era ritrovato a vomitare nel bagno di casa di un potente industriale tedesco. Era a Berlino per una due giorni di sesso sfrenato, che si era sentito talmente male da dover scappare dalla stanza dove si stavano accalcando i corpi sudati dei partecipanti. La storia della sua vita professionale aveva preso una ulteriore strada diversi anni prima. Aveva iniziato come comparsa nelle pellicole di second’ordine e con il tempo si era fatto un nome, per approdare poi al circuito delle grandi produzioni con le quali aveva vinto addirittura cinque oscar del porno. Poi il primo ingaggio come guru e star di riferimento per serate e week end all’insegna della perversione. Non era una cosa che lo faceva impazzire perché gli sembrava di essere un povero gigolò, ma lo pagavano talmente bene che aveva accettato lo stesso. Tutto si sarebbe aspettato, meno che il fato gli si rivoltasse contro in quel modo. Aveva la nausea degli odori umani, che, per uno come lui, sarebbe stato come per un banchiere avere l’allergia per il denaro. Poi ci si metteva che non era più quello di una volta. La prestanza fisica della gioventù lo stava abbandonando un poco per volta e pian piano gli era cresciuto dentro, giorno dopo giorno, il desiderio di una relazione stabile. Una famiglia che non aveva mai avuto e il cui pensiero diventava ogni momento più ricorrente.
Capelli castani e occhi verde smeraldo lo rendevano bello, anche se era la barba in stile Short Boxed Beard, a farlo affascinante. Camminata composta e spalle erette, aveva l’aspetto di un modello, perché le produzioni pornografiche negli anni avevano abbandonato l’idea dell’attore pesantemente virile e greve, a discapito di personaggi più femminei, anche se ben dotati. Questo era stato uno dei suoi segreti, ma oggi anche l’asso nella manica stava svilendo.
Uscì dallo studio dello psicologo e, mentre si dirigeva verso la Porsche, gli squillò il telefono.
- È inutile tanto non ci casco… sei diventata brava però, piangi addirittura!
Poi qualcosa si accese nella mente di Maurizio. La ragazza non stava scherzando, anche perché non era mai stata brava a recitare, o almeno a recitare come dovrebbe fare un attore. La mano che teneva il cellulare gli tremò. Ebbe un sussulto.
- Come morto? Non è possibile!
- È morto ti dico - esclamò lei tra i singhiozzi.
- Ma stava bene. L’ho visto qualche giorno fa e scoppiava di salute. Affaticato, ma in ottima forma per i suoi trentaquattro anni.
Un senso di nauseante oppressione lo agguantò. Si appoggiò sul cofano dell’auto, come se una coperta di cemento lo avesse avvolto schiacciandolo. Si guardò il viso riflesso sul vetro. Le rughe iniziavano ad increspare il contorno occhi e la fronte. Il suo migliore amico, il partner ideale con cui aveva condiviso le serate all’insegna della follia, si era spento sul set. Ronnie Trivella non era la persona più giusta con cui trascorrere dei pomeriggi casalinghi, ma in azione era come un buttafuori esperto. Non ti lasciava mai da solo. Se avevi un problema finiva il lavoro per te, aiutando la produzione a chiudere una scena. Si guardò le mani. Le vene iniziavano ad affiorare sul dorso rendendolo più opaco. Salì in macchina e si diresse verso gli studi della produzione cinematografica. Fece qualche chilometro, ma fu costretto a fermarsi per vomitare.
Cosa gli succedeva? Non riusciva a capire, eppure era sempre lo stesso. Era il leggendario Martello degli Dei. Il Dio sceso in terra per presenziare alle orge più cool che ci fossero sul pianeta e il miglior attore del circuito hard. Cosa c’entrava quella sensazione di nausea che aveva a fasi alterne? Perché si sentiva come se fosse stato carne da macello? Si inumidì la bocca con un fazzoletto. I contorni della strada si scurirono fino a diventare neri. Si vide vecchio e solo. Un ottantenne che non poteva raccontare a nessuno la sua travagliata storia, perché nessuno voleva parlare con lui. Chiuse gli occhi per scacciare quell’immagine mentre si bagnava il viso con un po’ d’acqua.
“Che mi succede? Maurizio smettila di torturarti e accetta la dura verità. Sei un uomo. Un uomo cavolo, non un bambino.”
Si sedette sul marciapiedi e si prese la testa tra le mani.
“Non ce la faccio più. Come avrei voluto essermi innamorato. E invece sono solo un automa che ha dato piacere. Non mi ricordo nemmeno l’ultima volta che ho avuto una cotta per una ragazza. Forse avrò avuto vent’anni. Poi mi sono immerso in questo lavoro. Come ho fatto a non capire che mi avrebbe spazzato via? Cosa mi ha spinto ad intraprendere questa strada? Non me lo ricordo più. Forse il sesso facile, oppure il denaro. Oddio! Non mi ricordo nemmeno come è stata la prima volta. Quando è stato? E con chi? Vorrei scappare via. Andare in un prato e addormentarmi per mille anni, ma non posso. Quanto mi piacerebbe essere solo abbracciato. Sentire il piacere di un bacio che mi trasmetta amore e avere una compagna che mi accudisca. Ma quale donna accetterebbe un fidanzato che di professione fa sesso con altre donne? Nessuna. Quale moglie vorrebbe mettere al mondo dei figli con uno come me, sicura che una pornostar non potrebbe mai educare secondo i dettami che si convengono ad un genitore? Solo una pazza, o una collega. Le colleghe… donne che vivono tra l’esaurimento e una vita scalmanata. Nessuna sarebbe all’altezza di poter accudire dei figli. Vorrei una donna che sia figlia di una vita semplice, serena, tranquilla. Una donna che possa perdonarmi e guardare avanti.”
Anche lui dedito al vizio, avrebbe voluto per la vita, una che non aveva fatto la vita. Una persona di buoni principi, che sarebbe stata capace di accudire i figli, fargli una carezza e preparargli la cena.
“Se anche io pretendo questo, immagina cosa potrebbe dire di me una persona comune, che un film hard non lo ha nemmeno mai visto. Sono spacciato. Sarò costretto a vivere da solo e a morire senza nemmeno un affetto vicino. Me lo merito. Non ho fatto altro nella vita, come posso pretendere adesso di poter cambiare? La mia professione è questa. Come potrei sopravvivere senza quello che faccio? Ma quello che sto facendo a fatica, prima o poi mi ucciderà. Mio Dio! Ronnye è morto.”
Chiuse gli occhi affogando il viso nelle mani, nella speranza che fosse un brutto sogno. Beniamino era come un fratello. Con chi si sarebbe confrontato anche solo sul set? Un lampo si accese riportandolo a terra. Poteva veramente decidere di cambiare vita. Il suo desiderio sarebbe stato di fare lo chef. Chissà che iscrivendosi ad un corso, sarebbe riuscito a dare un taglio netto. Si poteva prendere un lungo periodo di pausa. Un anno sabbatico lontano dalle telecamere, proponendo alla produzione un nuovo lungometraggio da realizzare miscelando tutte le scene scartate negli ultimi anni. Il tempo dei film hard era ormai morto, a discapito dei siti pornografici che inondavano la rete. Aveva trentasei anni e gli venne da piangere.